Eccomi qui a raccontarvi un altro servizio fotografico realizzato per una band.
Quando ho il compito di raccontare un gruppo musicale, così come una persona, devo conoscere chi ho davanti, qual è il messaggio da trasmettere, quali le cose da dire e come dirle.
Con una band il processo inizia dall’ascolto dei brani, l’analisi dei testi e del mood generale, poi si parla con gli artisti per conoscerli anche come persone all’infuori della loro veste di musicisti.
Raccontare i Gospel è stato forse più facile, poiché sono molto amica di Lorenzo e moglie di Riccardo.
Da una parte può essere interpretato come semplice dall’altro c’è un coinvolgimento sentimentale che potrebbe “portare fuori strada”.
Il rapporto è, deve essere, di totale fiducia, se ci si affida ad un professionista è consigliato lasciarsi guidare, lasciare che il fotografo (la fotografa in questo caso) possa interpretare e raccontare. Ogni cosa viene comunque valutata insieme e discussa.
Un messaggio molto ampio, raccontato sotto diversi aspetti e con diverse modalità.
Siamo partiti con delle fotografie in studio, dove hanno lasciato che sperimentassi delle nuove tecniche, atte a ritrarli avvolti dai colori e nascosti nella tempesta, un modo per esprimere le sfumature che dal primo disco ad oggi (è appena uscito il secondo disco, lo trovi qui) hanno preso forma e suono e rappresentare i testi a volte oscuri, che sono stati creati durante una tempesta emotiva.
Per i colori siamo partiti dall’arancione e dal viola, l’arancione simbolicamente è il colore della creatività mentre il viola dell’introspezione emotiva, quest’ultimo ha poi lasciato spazio ad una sfumatura più vicina al blu simbolicamente collegata all’equilibrio e alla calma.
Un insieme di elementi descrittivi per creare fotografie di ritratto artistico di forte impatto.
Per raccontare le sonorità “vintage” ho deciso di utilizzare altri due mezzi fotografici, l’istantanea e la pellicola.
Con la Instax wide della Lomography abbiamo voluto creare la fotografia ricordo vera e propria, senza realizzare dei “fake”, concedetemi il termine, fotografando in digitale e aggiungendo poi grana, pasta e cornice.
Senza andare chissà dove ma vivendo i posti della zona, dove ci ritroviamo, dove passiamo del tempo rilassati, soffermandoci a osservare con occhio diverso, fotografico appunto, quello che ci circonda, cercando pattern naturali e non, descrittivi del luogo in cui viviamo perché è dove viviamo che i pezzi sono stati scritti, vivendo storie passate e volendole raccontare parafrasate.
Come potete osservare, con questa metodologia abbiamo conservato i toni freddi del nostro racconto:
I toni caldi invece sono stati raccontati con la pellicola, per la precisione con la Red Velvet di Lomography.
Macchina fotografica analogica alla mano abbiamo percorso le stesse strade di prima, (stesso giorno/stesse strade), con un rimpallo di sensazioni e di messaggi, all’occorrenza inforcavo l’uno o l’altro mezzo fotografico (dovevate vedermi, con una macchina al collo, una al polso e nell’altra mano uno spritz) a seconda di quello che mi succedeva davanti, a seconda di quello che vedevo e immaginavo decidevo che sfumatura dargli, cosa volevo raccontare con quella fotografia. Quando si devono creare cose diverse in contemporanea è un turbinio di emozioni, di visioni, di fotografie mentali.
Quello che chiamo vivere intensamente il momento, sentire una connessione con il mezzo fotografico.
Quello che pare un momento di relax e riflessione diventa poi una fotografia:
Ci sono tantissime altre fotografie da mostrare, ma lascerò che le scopriate sui profili IG, sul mio e su quello dei Gospel.